I Disastri simili

Itinerario 1. Il Disastro del Gleno
(Approfondimento:
Il Crollo della Diga del del Gleno: errore Tecnico? di Umberto Barbisan )

La storia della Diga del Gleno ha origine nei primi anni del 1900 come pure quella narrata nel Disastro di Molare. Già durante la seconda metà del '800 l'Italia operosa aveva sete di corrente idroelettrica. Fortemente penalizzati dalla carenza di carbon fossile (il motore della Rivoluzione Industriale) gli Italiani e le loro attività produttive altro non poterono fare che ripiegare in "fonti elettriche alternative". L'arco alpino, con le sue innumerevoli valli era sito ideale, per lo sviluppo idroelettrico. Quest'ultimo trovò impulso decisivo grazie a una serie di progettisti molto capaci e da ditte private ed impresari "pre-ENEL" pronti con i loro capitali ad investire in questo business.

Fu così, che nel 1907 venne richiesta una concessione per lo sfruttamento idroelettrico del T.Povo da parte di tal Ing.Tosana di Brescia. La concessione venne poi ceduta all'Ing. Gmur di Bergamo e poi alla Ditta Galeazzo Viganò di Truggio (Milano). Nel 1917 il Ministero del Lavori Pubblici fissò a 3.900.000 mc la capacità di invaso in Loc. Pian del Gleno. Pochi mesi dopo la Ditta Viganò notificò l'inizio dei lavori. Piccolo particolare: il progetto esecutivo non era stato ancora approvato dall'autorità competente (Genio Civile)! Dopo una serie di proroghe venne presentato nel 1919 il progetto esecutivo per una diga a gravità a firma dell'Ing. Gmur. Quest'ultimo però morì un anno dopo e la Ditta Viganò assunse l'Ing. Santangelo di Palermo. Nel 1921 venne approvato il progetto esecutivo dell'ing. Gmur con i lavori già da qualche anno avviati.

Nell'anno 1921 la Ditta Vigano appaltò alla Ditta Vita & C. le opere di edificazione delle arcate. Nell'agosto del 1921 l'Ing. Lombardo del Genio Civile eseguì un sopralluogo al cantiere. E' buffo immaginare la sua faccia quando constatò che la tipologia costruttiva della diga a progetto, cioè a gravità (lo sbarramento che si oppone alla spinta del lago grazie al suo peso), era stato cambiata in corso d'opera in una diga ad archi multipli (struttura in grado di trasferire alle rocce di fondazione le spinte del lago). Rilevò infatti che stavano per essere costruite le basi delle arcate e che, quelle nella parte centrale della diga non erano appoggiate sulla roccia ma sul tampone a gravità (come in una sorta di castello di carte !!!). Ne seguì l'immediata diffida al proseguire la costruzione e venne ingiunto alla Ditta Viganò di presentare un nuovo progetto (quasi si trattasse di una semplice abitazione in cui è stata variata la posizione di un paio di finestre rispetto al progetto). Comunque i lavori andarono avanti alla faccia dei vari sopralluoghi dell'Ing. Lombardo e solo nei primi mesi del 1923 venne presentato il progetto.

Nell'ottobre del 1923 il lago venne riempito a seguito delle violenti precipitazioni. Vi furono problemi negli scaricatori superficiali ma soprattutto si innescarono massicce perdite d'acqua alla base delle arcate sovrastanti il tampone a gravità. Tali perdite furono sfruttate nelle ore notturne per la produzione di energia elettrica !! La diga non poteva dirsi ultimata. Ancora numerose opere edili dovevano essere portate a termine. Il cattivo tempo perdurò anche nella seconda metà di Novembre. Il 1° dicembre 1923 alle 6.30 il Sig. Morzenti, guardiano della diga (collega di sventura del Sig. De Guz di Molare) avvertì un "moto sussultorio violento". In seguito la difesa della Ditta Viganò ipotizzò addirittura che vi vosse stata un'esplosione causata da un atto terroristico. Il 1° dicembre 1923, alle 7.15 avvenne il crollo delle dieci arcate centrali della Diga. Una massa d'acqua di volume compreso tra 5-6 milioni di metri cubi iniziò la sua folle corsa verso valle.

Bueggio, frazione di Vilminore, fu quasi immediatamente travolta. Le due centrali elettriche vennero rase al suolo, così come due chiese ed il cimitero. L'acqua percorse lo stretto alveo montano del T.Povo sino alla confluenza con il T.Dezzo. L'omonima località scomparì, così come la centrale elettrica, l'antico ponte, la strada e la fonderia per la produzione di ghisa la quale determinò un terrificante spettacolo di acqua, fiamme e vapore. All'altezza di Angolo il T.Dezzo forma una serie di spettacolari forre. L'ondata, colma di detriti, creò delle ostruzioni temporanee con effetti terrificanti. Infatti, nei punti più stretti si crearono dei laghi che dopo pochi istanti riuscivano a sfondare le dighe di detrito, causando ondate ancora più distruttive. Molte località furono gravemente falcidiate: in Loc. Mazzunno venne distrutta la quarta centrale elettrica. L'ondata si precipitò nell'odierna Boario Terme. Le Ferriere di Voltri vennero gravemente danneggiate e vi furono gravissimi danni alle viabilità ed alle strutture. Più a valle (Corna e Darfo) la valle del Povo si allarga e raggiunge il T.Oglio. L'energia dell'ondata andò attenuandosi ma causò ancora vittime a gravissimi danni sino a raggiungere il Lago d'Iseo. Qui lo spettacolo non fu meno terribile: una cinquantina di salme galleggiavano nell'acqua torbida. Il calcolo delle vittime fu stimato sulle 500 unità. Le vittime ufficiali del Disastro del Gleno sono circa 360. Il 4 luglio 1927 il Tribunale di Bergamo condannò Virgilio Viganò e l'Ing. Santangelo a tre anni e quattro mesi più 7.500 Lire di multa. Va ricordato che la maggioranza dei sinistrati fu' precedentemente economicamente tacitata. Il Cav. Viganò morì nel 1928 "vinto da cinque anni di indicibili amarezze".

Perchè la Diga del Gleno è crollata ?
Il Disastro del Gleno rappresenta un esempio macroscopico degli effetti di un'approssimativa progettazione e malcostruzzione di una diga. La scelta (dettata da ragioni puramente economiche) di variare in corso d'opera la tipologia stessa della Diga ha rappresentato una sorta di bestemmia strutturale.

Le dighe ad archi multipli presupponevano un ottimo terreno d'appoggio poiché le volte hanno la funzione di trasmettere gli elevati carichi alle fondazioni. Quest'ultime devono essere dunque incastonate in roccia compatta ed integra. A Pian del Gleno le rocce subivano gli effetti degradanti del gelo e disgelo ed inoltre erano state sottoposte all'azione dei ghiacciai durante le glaciazioni. Ma, anche tralasciando il fattore geologico dell'area, ben undici arcate furono appoggiate direttamente sul tampone a gravità inizialmente costruito. Si creò una pericolosissima discontinuità strutturale. Solo un'accuratissima esecuzione delle opere avrebbe garantito un certo grado di sicurezza. Durante la fase istruttoria del processo vennero sentiti molti testimoni. Il quadro che ne risultò fu agghiacciante. I materiali utilizzati erano di qualità pessima, mentre le armature erano quantitativamente insufficienti. Non solo: le imprese che lavorarono sotto la supervisione del Viganò (impresario all'antica, che non tollerava l'intrusione di ingegneri in cantiere e gli sprechi di materiale) vennero pagate a cottimo e quindi meno tempo vi impiegavano tanto era di guadagnato. Durante i carotaggi sulla struttura eseguiti dai periti dopo il disastro, venne evidenziato che in alcuni casi i muratori avevano gettato direttamente i sacchi di cemento all'interno dei piloni! Ed ancora: venne criticato il tempo di maturazione del cemento delle arcate. Testimonianze affermarono che i muratori, nelle ultime fasi di costruzione, lavorarono direttamente sulle barche: si riempiva il lago mano a mano che i lavori progredivano !! Con queste premesse (e ve ne furono molte altre) il disastro fu inevitabile. Al contrario del Vajont non vi fu nessuna corsa al collaudo perchè non vi fu alcun collaudo.

 

 

 

 

 

 

 

Approfondimento:

Umberto Barbisan, Professore Associato di Tipologia Strutturale all'Università Iuav di Venezia, rende disponibile online la sua pubblicazione "IL CROLLO DELLA DIGA DEL GLENO: ERRORE TECNICO ?" (file pdf di 2.02 Mb) sulle cause del Disastro del Gleno, con numerosi richiami ad altri grandi disastri idrualici tra cui quello di Molare.

Itineriario 2. Il Disastro del Vajont

Note a margine :

Questa pagina è stata redatta utilizzando vario materiale bibliografico. Una nota doverosa va fatta al libro "Il disastro del Gleno - Storia e album fotografico" di G.S. Pedersoli (Edizioni Toroselle), che rappresenta un grande esempio di completezza nella ricerca storica di un evento. Infine tengo a informare dell'esistenza di un bel DVD sul Disastro del Gleno reperibile nel sito www.scalve.it

Come raggiungere la Diga del Gleno ?

La Valle Scalve è ubicata nelle Prealpi Lombarde (provincia di Bergamo) tra le più conosciute Val Seriana e Val Camonica. Una valle ancora per ampi tratti incontaminata dall'edilizia e dal turismo di massa. Estese foreste ascendono le strette forre del Torrente Dezzo per raggiungere le pendici dei ripidissimi massicci calcarei tra cui spicca lo stupendo Gruppo della Presolana. E' proprio da quest'ultimo che, se si volge lo sguardo più in basso in direzione Nord , ecco comparire l'abitato di Vilminore di Scalve. Leggermente più decentrata è visibile la Frazione di Bueggio. A questo punto, inevitabilmente, lo guardo si alza leggermente di quota a partire dalla frazione, per risalire una ripida valle incastonata nella roccia dominata da un'enorme costruzione letteralmente spaccata a metà. Sarà la foschia, sarà la distanza, ma pare proprio che questa lanci al lontano osservatore un sorriso sdentato! Questa sensazione è ancor più evidente quando dalla Frazione Pianezza di Vilminore, si risale il sentiero n. 411 del CAI che porta alla Diga del Gleno. Appare all'improvviso! Dopo un percorso in salita di circa un'ora, il sentiero scavato nella roccia spiana; dopo un tornantino compaiono le tredici arcate di destra orografica.Solamente giungendo in prossimità della Diga sono visibili le altre due arcate di sinistra. In mezzo un enorme squarcio. Il Torrente Gleno, affluente secondario del T.Povo (a sua volta immissario del T.Dezzo) forma contro i resti della Diga un laghetto. Le arcate ormai scomparse hanno lasciato in bella vista la base in cemento, il famigeratissimo "tampone a gravità", sulla quale è stato attualmente allestito un troppo pieno a sfioro del Lago del Gleno (giova precisare che già prima della costruzione della Diga esisteva un laghetto di montagna).
Il sentiero n. 411 è lungi dal terminare il suo tragitto in corrispondenza della Diga. Esso conduce direttamente alla vetta del Monte Gleno percorrendo longitudinalmente una tipica valle alpina scavata dal torrente. Questa spettacolare ascesa nella Valle del Gleno nasconde innumerevoli meraviglie naturali. Il protagonista assoluto è comunque il Torrente Gleno, che nel corso delle decine di migliaia di anni ha disegnato laghetti, marmitte dei giganti ed una numerosa serie di spettacolari cascatelle. Tutto ciò è racchiuso in un imponente anfiteatro allungato in direzione Nord. Una visita al Gleno quindi, risulterà molto limitata se ci accontenta di contemplare la misera opera umana.

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